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A Lodi in tram

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Descrizione

Premessa
Gli anni ’80 del diciannovesimo secolo in tema di trasporti furono caratterizzati in Lombardia dalla scoperta del tram: a eccezione di quelle prealpine, le province lombarde si dotarono di una rete di tranvie a vapore che fu nel bene e nel male la protagonista del trasporto interurbano nei decenni successivi. Si tratta di un argomento sporadicamente trattato nei numerosi testi di storia locale che però sono di solito lacunosi nella corretta ricostruzione degli eventi e in ogni caso inadeguati a rispondere alle curiosità degli appassionati di trasporto pubblico. Vista la complessità delle vicende, l’ampio arco temporale e la vastità dei territori, anche le opere dedicate a questo pubblico non sono numerose e le monografie dedicate alle specifiche realtà territoriali sono rare, con il risultato che alcune zone sono state del tutto ignorate. Il lodigiano è uno di questi casi, nonostante si caratterizzi per la presenza di diverse e importanti linee e racchiuda in se gran parte delle caratteristiche di questo sistema di trasporto: dalla genesi all’affermazione, dalla crisi alla scomparsa.

In un solo anno, dal maggio del 1880 a quello del 1881, Lodi fu collegata con il tram a Bergamo, Milano, Sant’Angelo e Soncino. In breve tempo la fitta rete che si era andata sviluppando in Lombardia garantì una possibilità di interscambio e di viaggio sulle brevi e medie percorrenze che la ferrovia non era in grado di offrire. Nei decenni successivi lo scenario cambiò velocemente e quelli che erano i vantaggi della prima fase si trasformarono nei limiti allo sviluppo di questo sistema di trasporto, decretando la fine di gran parte delle tranvie a vapore, soppresse definitivamente o ammodernate e trasformate a trazione elettrica. Le peculiarità di Lodi e del suo territorio ebbero una rilevanza fondamentale nell’accelerare queste vicende e nel decennio tra il 1921 e il 1931 i binari scomparvero del tutto dalla città.

Nonostante l’apparizione delle prime industrie a fine ‘800 la principale attività produttiva del lodigiano rimase l’agricoltura, specializzata nel settore caseario; tale attività non aveva (e non ha) bisogno di un sistema di trasporti capillare per prosperare. Principalmente nel milanese e in Brianza, ma anche attorno a Brescia e Bergamo, sugli itinerari percorsi dalle tranvie si erano sviluppati notevoli insediamenti urbani, commerciali e industriali, mentre i dintorni di Lodi, appena fuori la vecchia cinta muraria, avevano mantenuto caratteristiche prettamente agricole e l’esigenza di mobilità rimase limitata. Non sorse quindi l’urgenza di supportare un intenso traffico pendolare e la rete lodigiana di tram a vapore non subì il processo di ammodernamento avvenuto in altre zone della Lombardia e dell’Italia a partire dagli anni ’20; le autorità politiche e gli imprenditori locali non si spesero mai in questa direzione e non si sviluppò mai un vero dibattito sulla questione. Fece in parte eccezione la linea per Milano che ricadeva nell’interesse della relativa provincia: per questo fu inserita, senza successo, nel piano di elettrificazione della Edison prima e della STEL poi.

Sarebbe però ingiusto non attribuire i dovuti meriti al tram: la ferrovia permetteva di andare direttamente solo a nord verso Milano o a sud verso Piacenza; la possibilità di collegamenti più capillari con il territorio circostante e principali capoluoghi era garantita dai tram a vapore, soprattutto per il trasporto delle merci. Per lavoro o per studio, per piacere o per comandamento, i lodigiani potevano raggiungere in tram le province limitrofe, oltre i principali centri collocati sulle strade in uscita dalla città. Strade che beneficiarono dei lavori di adeguamento e consolidamento richiesti dai capitolati di concessione e che, alla soppressione delle tranvie, poterono disporre velocemente di una sede allargata.

La storia dei collegamenti tranviari nel lodigiano è legata soprattutto alla “Società Anonima dei Tramway a vapore Interprovinciali di Milano, Bergamo e Cremona”, per tutti la TIP: un piccolo impero, nato per la capacità imprenditoriale di un commerciante tedesco, Ferdinando Pistorius e la bramosia di una delle tante società straniere che arrivarono in Italia per realizzare profitti nel settore dei trasporti. La TIP fu la più importante società esercente di tram a vapore mai esistita in Italia che al massimo del suo sviluppo arrivò a gestire oltre 200 km di linee, lasciando una traccia indelebile non solo nella memoria della gente, ma anche sul territorio attraverso le numerose opere realizzate. La ricerca sulla rete tranviaria lodigiana ha offerto l’occasione per tracciare la storia di questa importante società che nella letteratura specializzata non è mai stata trattata in modo approfondito.

Il raggio di azione necessario a indagare sulle tranvie a vapore di Lodi è davvero molto ampio poiché abbraccia le province di Milano, Bergamo e Cremona. Anche per questo motivo mi è stato possibile svolgere solo in parte quel lavoro sul campo che spesso consente di reperire ulteriori immagini e testimonianze sul territorio. La collaborazione di alcuni appassionati locali e le ripetute visite negli archivi storici principali hanno comunque permesso di ricostruire le vicende delle linee in modo approfondito. Spero che questa ricerca possa essere di stimolo per altri appassionati locali che possano eventualmente tornare sul tema. Chi fosse interessato a una ricostruzione più approfondita della nascita e dello sviluppo della rete interurbana di tranvie in Lombardia troverà utili riferimenti in bibliografia. Non ho citato i testi di storia locale attraverso i quali contestualizzare le vicende economiche, politiche e sociali, visto che sono reperibili facilmente nelle biblioteche locali.

Eccomi infine a ringraziare le tante persone che hanno collaborato in modi differenti alla ricerca. Prima di tutto Diego Rusnighi, con cui ho condiviso gran parte delle decisioni relative all’opera e che ha collaborato attivamente agendo sul territorio alla ricerca di immagini e di documenti. Il confronto continuo con Federico Cabrini, appassionato lodigiano, mi ha permesso di scrivere sulla città in modo più circonstanziato, analogamente a quanto avvenuto con Domenico Carsana per Treviglio. Amici e conoscenti hanno risposto al mio appello sulla ricerca di immagini e documenti d’epoca, tra cui Fabio Marzorati, Franco Castiglioni, Guido Boreani, Mario Moretti, Claudio Cerioli, Enzo Porcu, Alessandro Tuzza, Marco Felisa, Nicoletta Morosini e Claudio Gallozzi, Paolo Collo, Luca Guizzardi.

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